PICCOLIANIMALI – UN PICCOLO RITROVO PER CHI AMA GLI ANIMALI

“Sono le cinque in punto, in Inghilterra è l’ora del tè, qui da noi è l’ora del biscottino”: i primi ad arrivare nel negozio PiccoliAnimali di Torino (piazza Graf 122/bis) sono Penelope e Nina, accompagnate dalla loro padrona. Pian piano fuori dalla porta d’ingresso si forma un piccolo capannello di persone; Giorgio e Giuseppe, “Beppe” per gli amici, accolgono tutti con un sorriso e regalano biscotti e snack agli amici a quattro zampe, che ovviamente sono ben contenti di trovarsi lì.

Fuori dalla porta d’ingresso si forma un piccolo capannello di persone;
Giorgio e Giuseppe accolgono tutti con un sorriso.

“Quello delle cinque è un appuntamento fisso”, ci raccontano Giuseppe e Giorgio, che oltre a essere una coppia nel lavoro sono una coppia anche nella vita. “È una piccola tradizione che abbiamo voluto recuperare: per noi PiccoliAnimali, anche quando eravamo ancora clienti e la proprietaria era la signora Luciana, è sempre stato un punto di ritrovo. Ci piaceva venire qui il sabato mattina a chiacchierare, così, quando Luciana ha venduto il negozio, abbiamo deciso di lanciarci in questa avventura, anche perchè ormai eravamo affezionati a questo posto”.

“La nostra casa è piena di animali, sembra quella di Ace Ventura.”

Tutto nasce dallo sconfinato amore di Giorgio e Beppe per gli animali, di ogni specie: “La nostra casa ne è piena, sembra quella di Ace Ventura: abbiamo furetti, gatti, pappagalli, pesci, e ovviamente anche un cane. All’inizio venivamo qui a prendere il cibo per loro”. Poi Beppe, che era volontario al Telefono Rosa, ha cominciato a lavorare un po’ in negozio: “Lo facevo quasi per gioco: per me era una valvola di sfogo, passavo tanto tempo ad ascoltare storie drammatiche e angoscianti, e avevo bisogno di staccare un po’. Stare qui, circondato da tanti animali e belle persone, mi aiutava moltissimo”.

Il volontariato è una costante nella vita di Giorgio e Beppe:
“Fare qualcosa per gli altri ci fa stare bene.”

Il volontariato è una costante nella vita di Giorgio e Beppe: “Fare qualcosa per gli altri ci fa stare bene. Anche PiccoliAnimali, nel suo piccolo, organizza tante attività  benefiche: siamo molto amici dell’associazione Un furetto in famiglia e poco tempo fa, quando c’è stata l’alluvione in Sardegna, abbiamo organizzato una lotteria benefica per aiutare un canile che si trova a Villacidro, Gli amici di Susy”.

Johnny e Pink

“La nostra filosofia è semplice”, ci spiega Giorgio, “Il rapporto con i clienti viene sempre prima della vendita: ci piace l’idea che le persone del quartiere vengano qui a fare quattro chiacchiere, come si faceva una volta. Spesso i clienti ci invitano a cena, o noi invitiamo a cena loro. A volte capitano anche cose molto buffe: questi due uccelli ad esempio sono dei trovatelli che ci sono stati affidati. Johnny è un parrocchetto australiano, mentre quella gialla è Pink, ce l’ha data una nostra amica del Telefono Rosa quando ha saputo che il proprietario non voleva più tenerla. Ora è a casa”.

Nel negozio PiccoliAnimali potete trovare anche Argon (“Va a ruba perchè è molto appetibile e perchè ha la doppia proteina”, ci ha detto Beppe, e noi siamo stati molto contenti).

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ALLEVAMENTO CLEVER’S KEEP – I CANI DEVONO PARLARE TRA DI LORO

L’allevamento di cattle dog australiani Clever’s Keep si trova a San Francesco al Campo, in provincia di Torino, immerso nelle campagne e a poche decine di metri da un’enorme cascina. “Appartiene da generazioni alla famiglia di Ezio, il mio compagno”, ci spiega Francesca, la proprietaria dell’allevamento, “Allevano bovini -più di 300- e hanno anche un maneggio”.
Noi siamo seduti nel salone di un’altra cascina, in ristrutturazione, che è la sede di Clever’s Keep ma anche la casa di Francesca e di Ezio. Nel camino crepita la legna, dalla cucina arrivano profumi invitanti. “Sto preparando il pranzo”, ride Francesca, e ogni tanto la nostra chiacchierata s’interrompe perchè lei deve anche seguire la cottura. Ci sentiamo subito a casa.

“Quando andavo alle scuole medie venivo qui a fare equitazione.
Io e Ezio ci siamo conosciuti allora.”

La storia dell’allevamento Clever’s Keep è naturale come il contesto in cui è situato: “Quando andavo alle scuole medie stavo a Torino, ma venivo qui a fare equitazione”, ci racconta Francesca, “Io e Ezio ci siamo conosciuti allora: avevamo in comune la passione per i cavalli, e anche quella per i cani. Io, in particolare, ero affascinata dai cattle dog, che avevo visto per la prima volta in un documentario. E dal momento che per gestire le mucche c’era una reale necessità  di cani da pastore, nel 2010 abbiamo deciso di prendere Kira, una red heeler”. Si chiamano così perchè sono cani da mandria, e per guidare gli animali danno loro dei morsetti alle caviglie (heels).

“I cattle dog sono cani molto dinamici e hanno bisogno di padroni altrettanto dinamici.”

Dopo Kira, nella casa di Francesca e Ezio arriva anche Ken, un maschio di blue heeler. E da Kira e Ken arriva la prima cucciolata. “Abbiamo tenuto solo due cuccioli, Cooper e Happy, gli altri li abbiamo dati a persone fidate con le quali siamo ancora in contatto: i cattle dog sono cani molto dinamici ed è importante che abbiano padroni altrettanto dinamici. Per questo abbiamo scelto persone che vanno spesso in montagna e passano molto tempo in mezzo alla natura”.

I primi (in tutti i sensi) premi vinti da Cooper
all’Esposizione Internazionale di Torino del 2015.

Con Cooper, Francesca ed Ezio si avvicinano per la prima volta al mondo delle esposizioni: “Per me era una novità  assoluta. Ho seguito un corso con un’handler professionista bravissima, Roberta Semenzato, che mi ha aiutato e consigliato tantissimo. E a luglio di quest’anno ho partecipato alla prima gara, a Torino: siamo arrivati primi in ben tre sezioni. Poi siamo stati a Bergamo, Sanremo, Genova, Ivrea, anche in Croazia e Slovenia. Non avevamo mai viaggiato così tanto”, ride Francesca, che però poi si fa seria. “Ci tengo a raccontarvi come alleviamo i nostri cani”, dice.

“Il nostro metodo di allevamento è il più naturale possibile:
non teniamo i cani nella bambagia, li lasciamo liberi insieme ai loro simili.”

“Il nostro metodo di allevamento è il più naturale possibile: non teniamo i cani nella bambagia, li lasciamo liberi insieme ai loro simili. E gli facciamo fare il lavoro per cui sono stati selezionati, che per loro è quasi come un gioco: guidare le mandrie insieme a dei veri pastori. Solo così si possono avere dei cattle dog che non siano solo esemplari esteticamente belli, ma che abbiano anche il vero carattere dei cattle dog. A volte questa libertà  crea un po’ di caos, ma è fondamentale che i cani imparino a parlare tra di loro, che facciano la vita di branco. Cooper vince le gare ma di giorno lavora con le mucche, come tutti gli altri”.

Tutti i cani dell’allevamento Clever’s Keep sono nutriti con Argon.

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ALLEVAMENTO STARRY TOWN – BELLEZZA E PASSIONE

“C’è un episodio che ricordo benissimo: avevo sei anni e nella casa di una famiglia di contadini del paese dove vivevo c’era il quadro di un cavallo. All’epoca non era una cosa comune avere quadri in casa, soprattutto di animali. E rimasi colpito quando il proprietario disse che quel cavallo aveva vinto un premio per la sua bellezza”. Maurizio ci racconta con trasporto la storia che l’ha portato ad avviare e gestire, insieme alla moglie Tiziana, l’allevamento di terranova e bovari del bernese Starry Town, che nel corso di ormai trent’anni di attività  ha ricevuto premi e riconoscimenti in tutto il mondo.

“C’è un episodio che ricordo benissimo: avevo sei anni e nella casa
di una famiglia di contadini del paese dove vivevo c’era il quadro
di un cavallo che aveva vinto un premio per la sua bellezza.”

“Il primo cane che ho avuto era un meticcio. Avevo già  diciotto anni, erano gli anni ’70 e a un’esposizione di paese conobbi una persona che mi disse che conosceva un’altra persona, in Carnia, che aveva un terranova, un cane che da queste parti non s’era mai visto. Allora andai in Carnia, e lì lo vidi per la prima volta: a pensarci ora non era un esemplare eccezionale, però all’epoca mi parve bellissimo”.

“Il primo cane che ho avuto era un meticcio.
Avevo già  diciotto anni, erano gli anni ’70.
E iniziai subito a fare esposizioni.”

Le ricerche di Maurizio lo portarono, nel 1976, a conoscere il presidente del Club Italiano del Terranova (il club era stato fondato da pochissimo), e nell’86 a prendere il suo primo terranova. “Si chiamava Mudge. Da lì è iniziato tutto: le gare, le esposizioni, ho avuto la fortuna di avere dei cani che hanno fatto la storia dei terranova. E poi ho incontrato Tiziana…”.

La passione di Maurizio e Tiziana affiora da ogni angolo
della loro bellissima casa/allevamento.

Tiziana ride, “È vero”, dice, “Ci siamo conosciuti a una gara, abitavamo in due posti diversi”. All’inizio, spiegano Tiziana e Maurizio, “Aprire un allevamento così era una cosa un po’ da fuori di testa, perchè la maggior parte delle persone usa i cani per fare i soldi, mentre noi abbiamo usato i soldi per i cani. Ma è giusto così: per noi la passione è sempre venuta prima di tutto, quindi non potevamo che trasformarla nel nostro lavoro”.

L’allevamento nel corso di ormai trent’anni di attività  ha ricevuto
premi e riconoscimenti in tutto il mondo.

Passione: una parola che torna spesso nei discorsi di Tiziana e Maurizio, e che affiora da ogni angolo della loro bellissima casa/allevamento, immersa nelle campagne di Campolonghetto, in provincia di Udine. Prima di salutarci, vogliono mostrarci a tutti i costi qualcosa: i cuccioli “appena arrivati” di bovaro del bernese. Anche noi, vedendoli, pensiamo quello che aveva pensato Maurizio quando vide il suo primo terranova: “Sono bellissimi”.

I terranova e i bovari del bernese di Starry Town
sono nutriti con Argon (e ne siamo orgogliosi).

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RIFUGIO DEL CANE DI UDINE – “NON CHIAMIAMOLI PIÚ CANILI”

È fine luglio e al Rifugio del Cane di Udine veniamo accolti da Vera, una gentilissima volontaria che sfida il caldo per raccontarci le storie di alcuni ospiti: “Lui è Sanpietrino, si chiama così per via del colore del pelo. Qui invece c’è Tunnel: è arrivato con un trauma facciale, gli mancava mezzo palato, gli è stata fatta una plastica per ricostruirglielo e ora riesce di nuovo a masticare. Questo è Lievito: è stato trovato magrissimo, da quando è qui è come lievitato”.

Sabina, una giovane volontaria, con una delle ospiti del canile

Le parole schiette di Vera ci fanno capire che dietro questi nomi simpatici si nascondono vicende spesso drammatiche, che hanno lasciato il segno non solo nel corpo ma anche nella mente di questi cani: “C’è un’educatrice, che prima era volontaria Enpa, che collabora con noi: è una ragazza laureata in psicologia, e viene chiamata per seguire i cani che hanno problemi di comportamento. Non viene solo qui: a volte va anche a casa delle persone che hanno adottato uno dei nostri ospiti. È un aiuto che diamo gratuitamente. Non bisogna mai dimenticare il passato di questi cani, è fondamentale per capire quello che sono”.

“Abbiamo evitato la parola canile perchè fa pensare a un luogo brutto e triste:
l’idea è che le persone vengano a divertirsi al parco e lì possano anche
incontrare i nostri ospiti.”

Parlando con Elena, la responsabile del canile, scopriamo che la sezione E.N.P.A. di Udine, oltre a dare valore al passato, ha anche dei bellissimi piani per il futuro: di fronte al canile dove ci troviamo, infatti, sorgerà  il Parco Rifugio di Udine, un rifugio che sostituirà  quello attuale e che è stato progettato per ospitare anche un parco pubblico. “Vi mostro il progetto”, ci dice Elena invitandoci a seguirla nel suo ufficio; già  al primo sguardo che diamo al modello 3d, capiamo che la struttura è unica nel suo genere in Italia: un’area parco aperta a tutti che si fonde armoniosamente con gli spazi destinati ai cani.

Osservando il modello 3d, capiamo che la struttura è unica nel suo genere
in Italia: un’area parco aperta a tutti che si fonde armoniosamente
con gli spazi destinati ai cani.

“Abbiamo volutamente evitato la parola canile, perchè fa pensare a un luogo brutto e triste: l’idea è che le persone vengano a divertirsi al parco e lì possano anche incontrare i nostri ospiti. È stata un’emozione quando tutto il consiglio comunale ha votato a favore di una modifica del piano regolatore per permetterci di realizzare questo sogno”. Il sogno di Elena e di tante altre persone che amano gli animali sta già  cominciando a realizzarsi: un cartello indica l’inizio dei lavori dall’altra parte della strada.

Il sogno di Elena e di tante altre persone che amano gli animali sta già  cominciando a realizzarsi: un cartello indica l’inizio dei lavori dall’altra parte della strada.

“Quello che ci serve, ora, è il massimo supporto da parte di tutti: abbiamo lanciato una campagna di raccolta fondi online sul sito buonacausa.org e vorremmo invitare le persone di Udine, ma anche di tutto il resto d’Italia, a contribuire al progetto”. Anche noi di Argon vi invitiamo calorosamente a visitare questa pagina e dare il vostro piccolo o grande contributo.

 

Argon sostiene il rifugio E.N.P.A. di Udine con regolari donazioni di cibo.
Per conoscere, sostenere e visitare il canile: www.enpaudine.it.

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SCUOLA NAZIONALE CANI GUIDA PER CIECHI – UN’ISTITUZIONE UNICA AL MONDO

“Fin dal medioevo esistono immagini iconografiche che rappresentano persone cieche accompagnate da cani”, ci racconta Massimo Baragli, uno dei responsabili tecnici della Scuola nazionale cani guida per ciechi. La scuola è una delle poche istituzioni dedicate all’addestramento di cani guida interamente pubbliche del mondo, finanziata dalla Regione Toscana.

“Questa statua non è dedicata a un cane in particolare: è un omaggio a tutti i cani guida, che ogni giorno aiutano e accompagnano migliaia di persone non vedenti.”

I primi tre cani, Weminne, Edda e Iris, furono assegnati il 25 settembre 1929: “Esistevano già  teorie sull’istruzione metodica dei cani come guide, ma poco era stato fatto nella pratica. Dopo la prima guerra mondiale però le cose cambiarono: i reduci ciechi, anche a causa dell’uso dei gas, furono tantissimi”.

“Anche i non vedenti devono seguire un corso per imparare ad essere guidati:
li ospitiamo qui per due settimane.”

Passeggiamo con Massimo per i corridoi e le sale della scuola, che si trova a Scandicci, a pochi chilometri da Firenze: “I cani seguono un percorso d’addestramento poi vengono affidati a una rete di circa sessanta famiglie che collaborano con noi, per abituarsi alle persone e alla guida nell’ambiente esterno. Ma non sono solo loro a dover essere addestrati”, ci spiega Massimo, “Anche i non vedenti devono seguire un corso per imparare ad essere guidati. Li ospitiamo qui per due settimane: gli insegnamo a usare il bastone, e soprattutto a instaurare una relazione, a creare un feeling con il proprio cane. Camminare con lui non serve solo a sentirsi sicuri ma è anche utile per stringere rapporti sociali, per questo nel tempo si è passati dall’uso del pastore tedesco al labrador e al golden retriever, cani estremamente socievoli e che ispirano simpatia”.

Nel giardino della scuola, ci imbattiamo in una lunghissima panchina.
“È il luogo in cui i non vedenti, provenienti da tutta Italia,
incontrano per la prima volta i loro cani guida.”

A un certo punto, nel giardino della scuola, ci imbattiamo in una lunghissima panchina. Chiediamo a cosa serve. “È il luogo in cui i non vedenti, provenienti da tutta Italia, incontrano per la prima volta i loro cani guida. L’incontro è un momento speciale, e a volte davvero commovente”.
L’istituto ospita anche un bellissimo archivio fotografico: tante persone sono passate di qui negli ultimi novant’anni, e riviviamo alcune delle loro storie attraverso le parole di Massimo.

L’istituto ospita anche un bellissimo archivio fotografico: tante persone
sono passate di qui negli ultimi novant’anni, ciascuna con la sua storia.

Ce ne rimane impressa una, straordinaria: “Uno dei nostri «clienti» era un signore che lavorava in un centralino. Il suo cane guida si annoiava a passare lì tutta la giornata, così dopo averlo accompagnato al centralino tornava a casa. Quando aveva finito di lavorare il signore faceva suonare il telefono della sua abitazione: e il cane, sentendo gli squilli, capiva che era arrivato il momento di andare a prenderlo”. Crediamo che questa storia racconti benissimo quanto può diventare profondo il rapporto tra una persona e il suo fedele amico.

Cipria, 14 anni, è uno dei cani “pensionati” della Scuola nazionale cani guida per ciechi: “La scuola è proprietaria di tutti i cani, in questo modo possiamo seguirli e riprenderli con noi in caso di bisogno.”

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LUISA UBALDI – ALLEVARE È FARE CULTURA

Luisa Ubaldi e il marito Giuseppe sono due allevatori amatoriali di schipperke, una razza di cane molto simile a una versione in miniatura del pastore belga. La loro passione li ha portati, negli ultimi quindici anni, a viaggiare per tutta Europa (“Ma sempre in auto perchè mio marito ha paura dell’aereo”, ci racconta Luisa in un dialetto veneto che la rende immediatamente simpatica) e raccogliere numerosissimi riconoscimenti: medaglie, coppe, targhe hanno invaso praticamente ogni angolo della loro abitazione.

“La passione di Luisa e Giuseppe li ha portati a viaggiare per tutta Europa
e raccogliere numerosissimi riconoscimenti.”

Chiediamo a Luisa di raccontarci qualcosa di più sulla storia dello schipperke: “È un cane che arriva dal Belgio, dove era impiegato per dare la caccia ai topi nelle case dei ciabattini – i topi infatti sono famosi per la loro passione per il cuoio. Nel giorno di San Firmino i ciabattini facevano sfilare i loro schipperke, che per l’occasione indossavano dei collari di cuoio: chi aveva realizzato il più bello veniva premiato”.

Rachele, Zaccaria, Lupo nero, Lolita. E ovviamente Luisa.

Ascoltando le parole di Luisa capiamo immediatamente il motivo della sua passione: ogni razza di cane, infatti, porta con sè una storia e una cultura che altrimenti verrebbero dimenticate. “Il compito degli allevatori è portare avanti tutto questo nel modo più naturale possibile. Noi, poi, siamo allevatori anomali, perchè non abbiamo mai allevato con l’intento di vendere. I premi ovviamente fanno piacere, ma in fondo quello che conta è altro. Ora ve li faccio vedere”.

“Lo schipperke è un cane che arriva dal Belgio, dove era impiegato
per dare la caccia ai topi nelle case dei ciabattini.”

La signora Ubaldi si assenta per qualche minuto. La vediamo arrivare con alcuni dei suoi cani al guinzaglio: Rachele, Zaccaria, Lupo nero, Lolita, la seguono vivaci ma obbedienti. “Sono tutti campioni internazionali”, ci racconta Giuseppe, mentre Luisa si siede su una poltrona seguita dai suoi amici dal pelo nero e gioca un po’ con loro. “Gli dò regolarmente Argon”, dice Luisa, “È una delle poche crocchette in circolazione che non altera il colore del pelo. Insomma, s’è conveniente e s’è anche bòn!”, ride. “Ora li riporto dentro che oggi fa caldo”.

“Argon s’è conveniente e s’è anche bòn”: grazie Luisa!

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IL RIFUGIO E.N.P.A. DI MIRA – UN CANILE PROGETTATO PER I CANI

Quando entriamo nel Rifugio E.N.P.A. di Mira, Roberto, il responsabile del canile, ci accoglie con grande disponibilità . “Fa parte della nostra filosofia”, spiega, “Ogni giorno dalle due alle cinque del pomeriggio dedichiamo del tempo ai visitatori che vengono a trovarci. Per noi è importante farci conoscere e far conoscere i nostri ospiti. A volte le persone vengono qui spinte da semplice curiosità  ma poi, dopo un po’ di tempo, ci ricontattano per un’adozione”.

“Ho iniziato a fare il volontario a quattordici anni:
ricordo che avevo appena preso il motorino.”

Il Rifugio E.N.P.A. di Mira è uno dei canili più all’avanguardia in Italia, anche grazie al fatto di essere stato realizzato in tempi recenti e progettato dalla stessa associazione, composta da persone che conoscono bene le esigenze dei cani da ospitare: “Spesso sono i dettagli a fare la differenza: ad esempio per pulire le gabbie non usiamo l’idropulitrice, ossia un getto d’acqua, altrimenti i cani restano bagnati, cosa che per loro non è piacevole, soprattutto in inverno. Le gabbie vengono pulite una ad una dai volontari, con le loro mani, perchè il contatto con le persone è importante. E per noi è fondamentale poter star vicino, ogni giorno, a ognuno dei nostri ospiti, per capire come stanno”.

“La qualità  di un canile è anche una questione di dettagli:
da noi ogni box viene pulito a mano e ha accesso a un’area di sgambamento.”

Mentre percorriamo il corridoio che dall’area uffici del canile porta ai box, vediamo diversi cani muoversi liberi nel prato e giocare insieme. Roberto ci spiega che è una pratica quotidiana all’interno del canile: ogni box ha accesso a un’area di sgambamento, e tutti i cani hanno diverse ore a disposizione per correre e giocare, “Anche quelli di categoria 3, che hanno morso delle persone. Pensate che abbiamo un volontario che passa tutto il giorno a tagliare l’erba: la nostra scelta fin dall’inizio è stata quella di non costruire una spianata di cemento. Ricordo quando sono arrivati i cani sequestrati dal canile di San Giuliano, non avevano nemmeno mai visto un prato”.

Qui tutti i cani, nessuno escluso, hanno a disposizione diverse ore al giorno
per correre e giocare insieme.

Roberto, che conosce i nomi di tutti (!) i circa centottanta ospiti del canile, ce ne presenta alcuni: il nuovo arrivato Gringo, “È un cagnetto fortunato e sta bene: verrà  adottato subito”, Noè, “Aveva la filaria ma l’abbiamo curato e ora ha trovato una famiglia”, e i meno fortunati Ulisse e Principessa, “Provengono da un sequestro: Ulisse è cieco, Principessa la notte stessa in cui è arrivata ha partorito dei cuccioli che sono stati adottati, ma lei è ancora qui. Il nostro obiettivo ovviamente è quello di far rimanere i cani il meno possibile in canile, ma purtroppo ce ne sono alcuni che rimangono per anni: il canile dev’essere un luogo progettato anche per loro, in modo che abbiano una vita dignitosa”.

Severino ha circa 3 anni: per conoscerlo meglio basta cliccare qui.

Argon sostiene il rifugio E.N.P.A. di Mira con regolari donazioni di cibo.
Per conoscere, sostenere e visitare il canile: www.enpamira.com.

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